Ho avuto il piacere di essere stato coinvolto nella Automation Academy organizzata dall’Editoriale Deflino per parlare di Organizzazione 4.0 e Digital Transformation. All’evento erano presenti anche delle classi di studenti di scuole tecniche superiori alle quali ho cercato di trasmettere la mia visione di trasformazione organizzativa. L’incontro è stato molto stimolante e mi ha ispirato a identificare e condividere con loro le ostilità che si possono incontrare in processo di cambiamento articolato come questo.
Alla prima domanda “avete paura del cambiamento?“, all’unanimità mi hanno risposto NO (beata gioventù). Nella realtà però non è così e quindi ho cercato di spiegargli quali difficoltà avrebbero incontrato nel loro prossimo futuro.
Ho iniziato mostrando loro la foto delle montagne russe ed il 95 percento dei partecipanti ha ammesso che un giro se lo sarebbe fatto senza problemi. Perché? Perché sanno che quel giro di giostra li divertirà, darà adrenalina, sarà una esperienza che li renderà in qualche modo soddisfatti. Soprattutto, affrontano le montagne russe perché sono certi che quella esperienza non è affatto rischiosa. Passaggio successivo e domanda successiva: ma se complichiamo le cose e togliamo le cinture di sicurezza, ed è sufficiente tenersi stretti con le proprie mani, chi salirebbe per farsi un giro? Ovviamente risultato invertito con solo il 5 percento che accetterebbe. Qual è il sentimento che blocca quelli che scelgono di restare a terra? Insicurezza, Pericolo, Paura, Ansia, Preoccupazione, Rifiuto. Tutti riconducibili alla rinuncia della comfort zone identificata nei dispositivi di sicurezza.
Tutte le cose sono difficili prima di diventare facili.
E così vale anche per un processo di cambiamento.
Ho quindi chiesto alla mia audience: “Vi tuffereste come quello in foto?” “Secondo voi perché lo sta facendo?“
Giustamente, la risposta ovvia non ha tardato ad arrivare, è un atleta. Ho subito rimarcato che essendo un atleta, prima di salire sulla scogliera ha seguito un percorso ben definito. Molto probabilmente quando era bambino avrà fatto un corso di nuoto, imparando inizialmente a “scivolare” (lezione N.1), poi battere i piedi, muovere le braccia e poi a coordinarsi per nuotare. Dopo qualche tuffo dal bordo, avrà iniziato a tuffarsi dal piedistallo, poi dal trampolino e via fino alla piattaforma. Un passo dopo l’altro avrà iniziato a prendere consapevolezza di potercela fare. Allenamento ed esercizio continuo sicuramente non sono stati facili, però il risultato finale è evidente nella foto: un gran bel tuffo.
Ecco il sunto della spiegazione riportata ai ragazzi che erano presenti. Non c’è un modo semplice di fare le cose per cui, quando se ne presenta l’opportunità, anche il cambiamento deve essere affrontato con consapevolezza ed accompagnato da un percorso di preparazione. Ogni piccolo passaggio che porta ad un preciso stato diverso dal precedente deve essere pianificato ed accompagnato, valutato ed esaminato anche in retrospettiva per capire se la strada è giusta o deve essere modificata. Solo combinando questi fattori sarà possibile per loro, ma non solo, raggiungere il risultato di riuscire in un bel tuffo.