
Sono stato stimolato a fare una riflessione su questa frase chiave di Fight Club, un film cult di fine anni 90. Nel film, il protagonista rappresenta il rifiuto assoluto del capitalismo, un uomo moderno che vive schiavo di un lavoro che gli permette di acquistare cose materiali per riempire un suo vuoto interiore.
Siamo nel 1999, periodo pre-crisi in cui nessuno avrebbe potuto immaginare che di li a 10 anni ci sarebbe stata una crisi economica globale che avrebbe messo in discussione tutto.
Ma cosa c’entra la crisi economica globale con il Fight Club?
A mio avviso c’è un forte legame tra la crisi globale del 2008 innescata dal crack di Lehman Brothers ed il significato visionario del film.
Nel 2008 la crisi economica globale ci ha fatto riflettere sulla direzione che il mondo consumista e capitalista stava perseguendo. Molte aziende per sopravvivere hanno dovuto rimettere in discussione i propri modelli di business e chiedersi cosa effettivamente avrebbe potuto generare valore.
Dall’altro lato abbiamo il protagonista del nostro film, “schiavo” della propria vita e precursore di un pensiero che sarà pervasivo proprio nella popolazione più colpita dagli effetti della crisi globale, che si chiede quali sono le cose che per lui hanno valore.
Sono 2 aspetti che si collocano agli antipodi e la difficoltà per entrambi gli attori della nostra storia è trovare un punto di convergenza. Lo scenario è imprevedibile ed in piena mutazione.
Da una parte troviamo l’Azienda il cui scopo principale è la creazione del profitto, dall’altro lato abbiamo un consumatore che non è più disposto a spendere in modo inconsapevole. C’è un generale cambio di paradigma in cui le aziende sono da ora obbligate a non ragionare secondo una logica market push e sono costrette a rivedere le proprie strategie in logica market pull. Così iniziano a chiedersi cosa effettivamente genera valore per il consumatore che, d’altra parte, assume consapevolezza di non potere dipendere solo dalla schiavitù del lavoro e inizia a chiedersi quali sono gli aspetti personali che lo rendono felice, quali bisogni deve soddisfare per sentirsi indipendente.

Richiamando la piramide dei bisogni di Maslow, possiamo assumere che sta scalando verso un livello di Stima prima e di Autorealizzazione poi.
In Fight Club il protagonista è bloccato nel livello in cui ha la sicurezza del lavoro ma ha altri bisogni latenti che cerca di colmare, con un inutile consumismo che mira ad ottenere compiacimento, per scalare al successivo livello di realizzazione sociale. Infatti, la salita verso il vertice della piramide avviene nel corso del film, con la fondazione del Fight Club in cui la gente inizia a lottare per liberarsi delle pressioni sociali, dalla condizione di schiavitù.
Arriviamo quindi ad una fase in cui la percezione del valore delle cose non è coerente, ciò che ha significato per uno non ha lo stesso per l’altro. Da questo punto in poi le Aziende devono riadattarsi al contesto non solo in termini economico-finanziari ma anche e soprattutto in termini di orientamento al cliente, ragione per cui iniziano a sviluppare modelli di business che si focalizzano sempre di più sulla User Experience e non sul “semplice” prodotto.
Convergenza
Siamo giunti alla convergenza dei 2 mondi, del business consumistico e del consumatore protagonista del profetico film. Una economia in crisi, precedentemente basata sulla produzione di massa costretta a riconsiderare i bisogni dei propri clienti per potergli offrire una esperienza che ne evidenzi la natura soggettiva, veicolando n nuovo significato di appartenenza. Un consumatore che fugge alle regole del compra e possiedi e che cerca l’autorealizzazione attraverso l’esperienza che lo gratifichi.
Abbiamo nuove regole di mercato in cui l’utilizzatore viene messo al centro e non gli viene venduto solo un prodotto ma un’esperienza che aumenta il senso di appartenenza.
“Le cose che possiedi alla fine ti possiedono.”
Alla fine ci dovremmo chiedere se con questo cambio di paradigma ci siamo liberati dal consumismo e dalla smania di volere possedere le cose. Non credo esista una risposta però se da un lato il consumatore è consapevolmente alla ricerca della libertà, dall’altra parte si contrappone la ricerca di nuove forme di fidelizzazione, ovvero la ricerca di un nuovo modo di tenerci schiavi del business.
Come la gazzella ed il leone, uno scappa mentre l’altro lo rincorre e prima o poi la cena è servita.
