
Tempo fa mi sono dedicato a parlare di percezione del Valore e di come ognuno degli attori antagonisti del mercato (azienda e consumatore) lo interpreti diversamente ed in funzione delle proprie esigenze.
Questa settimana mi sono imbattuto in questa foto, risalente al 2018, in cui viene evidenziato come questi 3, apparentemente semplici e talentuosi nerd, non abbiano bisogno di accessori di lusso che li facciano sentire appartenenti ad particolare ceto sociale.
Se li guardiamo di sfuggita e senza tanto pensarci, sembra che non risentano della necessità di ricorrere al consumo ostentativo.
Se pensiamo al ruolo che ricoprono, potremmo aulicamente immaginare che il livello di stress quotidiano a cui sono sottoposti sia talmente elevato da farli sentire completamente al di fuori dalla ricca società a cui appartengono. Proviamo a supporre come si potrebbe evolvere una loro giornata tipo in cui, appena entrano nello status di “raggiungibilità”, vengono sottoposti a tutte una serie di situazioni in cui devono prendere velocemente delle decisioni: quale livello potrebbe raggiungere lo stress dovuto al decision fatigue a cui sono costretti?

Il decision fatigue potrebbe essere talmente elevato che la sola scelta del vestiario è considerata una attività a bassissimo valore per cui non valga la pena di consumare energia. Non è un segreto che anche altri top people riducono al minimo decisioni considerate frivole e marginali, per spostare l’attenzione su i reali ed importanti fattori critici delle loro attività. tanto per citare qualche altro esempio, non possiamo non ricordare la “divisa” di Steve Jobs (maglioncino e scarpe da ginnastica), l’impeccabile stile (grigio-blu) di Barack Obama o i maglioni di Sergio Marchionne.
A tutto questo c’è una motivazione che Daniel Levitin, professore di Psicologia e Neuroscienze comportamentali alla Università McGill a Montréal in Canada, è in grado di spiegarci.
Ogni volta che dobbiamo prendere una decisione il cervello consuma energia, indipendentemente da quale essa sia. e non è in grado di distinguere se sta per decidere se innescare una irreversibile crisi internazionale o se bere o meno un caffè al bar. Noi stessi durante il giorno siamo bombardati da decisioni da prendere, iniziando dall’indecisione se prendere la brioche al cioccolato o quella alla crema da accompagnare al cappuccino, finendo con la scelta del film da guardare in televisione, passando per la scelta del pranzo o della cena.
Questo è il motivo principale per cui, a maggior ragione se si occupa una posizione di responsabilità, sottoponendo il cervello ad un eccessivo sovraccarico di informazioni si rischia di togliere risorse energetiche alle scelte che sono davvero importanti.
“Il sovraccarico di informazioni si riferisce all’idea che stiamo cercando di comprendere più di quanto il cervello possa gestire”
“Pensavamo che si potesse prestare attenzione a 5-9 cose alla volta”, ha aggiunto.“Ora sappiamo che non è vero. È una pazzia sopravvalutata. La mente cosciente può occuparsi di circa tre cose alla volta. Cercare di destreggiarsi più di così, e perderai un po ‘di potere cerebrale.”
Posso serenamente affermare di essere in linea con la teoria espressa della neuroscienza ma questa ostentazione di normalità non mi torna e non mi soddisfa in pieno. Lasciatemi andare oltre gli aspetti legati alle valide motivazioni elencate ed arriviamo al mio “però” (c’è sempre un “però”).
Esiste un fattore oggettivo dato dal conformismo che caratterizza la massa che utilizza i loro prodotti. La stessa massa a cui loro appartenevano e che attualmente si trova ad una notevole distanza socio-economica. Ecco perché mi chiedo quale sia il motivo per cui non hanno strutturato il guardaroba con una serie di costosissimi prodotti (magari provenienti da Luxury Made in Italy), tutti uguali. Non credo che la loro disponibilità economica gli impedisca di indossare tutti i giorni un costosissimo capo di lusso uguale al giorno precedente.
In tutto questo ci vedo combinata anche una abilissima politica di Personal Branding, ovvero si atteggiano e si comportano come la stessa massa che acquista i loro prodotti. Tutto appare come l’inversa trasmissione del senso di appartenenza ed emulazione; potrebbe essere un paradosso vedere che non è la massa che emula il mito, bensì viceversa. Io ci vedo una chiara strategia: cercare di mostrarsi vicini al cliente finale per fare in modo che egli si senta più vicino al brand. Una abilissima azione di accorciamento della catena del valore attraverso una mirata operazione legata allo sfruttamento dell’immagine.
Una studiata simulazione di normalità che forse non li ha resi liberi dallo scegliere.

…e pensare che potrebbero trascorrere le loro giornate come il Marchese del Grillo che ha costruito il suo Persanal Brand basandolo sugli scherzi e la bella vita, sfuggendo alle decisioni e alle incombenze amministrative. Ma anche decidere di non fare è una decisione, perché quindi non utilizzare diversamente le energie?
Che abbiano ragione Gates, Zuckenberg e Ma? Che ci convenga essere tutti uguali e riservare le nostre energie solo per il lavoro?