Sono passati diversi anni dalla prima crisi del 2008 e, ancora oggi, dovremmo avere raggiunto la consapevolezza che solo chi ha saputo rinnovarsi è uscito più forte dal lungo periodo di crisi che ha caratterizzato la nostra economia. Purtroppo non è così. Ancora ad oggi, all’interno delle aziende, ci si scontra con chi non ne vuole sapere e teme che un cambiamento, anche minimo, possa intaccare il suo ruolo, invadere il proprio spazio vitale ed intaccare il proprio status quo. Innovare e cambiare non è autolesionismo. Spiegare che i cambiamenti sono opportunità non è una cosa facile ed è necessario per l’innovatore vincere la prima battaglia contro i primi “nemici”, coloro che si oppongono e che non vedono oltre.
Ho individuato alcune categorie di “nemici” dell’innovazione, coloro che si oppongono alle nuove idee e che vedono le nuove proposte come minacce.
L’integralista – “Abbiamo sempre fatto così”
Iniziamo con il nemico numero uno, colui che rigetta ogni idea di cambiamento. Fedele solo al proprio modo di vedere le cose e convinto che esista un solo metodo giusto: il suo. Si derivano di conseguenza 2 nuove definizioni, entrambe legate al livello di autostima:
- Integralista fondamentalista. Si sente infallibile e le sue idee sono come dogmi, non si possono discutere. Per vincere contro questo primo integralista è necessario portarlo a credere che l’innovazione sia una sua idea, in modo da renderlo il protagonista indiscusso del cambiamento, il main sponsor. Tipicamente si tratta di un dirigente che, una volta convinto, metterà tutto il suo commitment nel processo di cambiamento.
- Integralista terrorista. É totalmente privo di autostima ed ha paura di qualsiasi cosa che è nuova e di perdere la poca autonomia che ha nelle sue azioni. Si tratta di un “non collaborativo” che trasmette le sue ansie agli altri, influenzandoli negativamente. In questo caso abbiamo l’opposto del dirigente e tipicamente è un operatore che si incontra ai livelli inferiori dell’organizzazione. Per vincere l’ostruzionismo la parola d’ordine è coinvolgimento e farlo sentire attore attivo del cambiamento, celebrando i suoi contributi.
Il fuggitivo – “Si può sempre migliorare. Ci penseremo“
L’atteggiamento è tipico di chi sostiene di non essere contro i cambiamenti ma non li vuole. Non abbiamo difronte un integralista ma è comunque un ostacolo da superare. Si chiede internamente “cosa ci guadagna” e la sua tendenza è rimandare e sfuggire ad ogni cambiamento che lo possa mettere in discussione o coinvolgere in attività che considera di disturbo. Il fuggitivo si incontra in tutti i livelli dell’organizzazione ed è solitamente un leader di team. Si combatte il fuggitivo comunicandogli i vantaggi del cambiamento, quali sono le sue opportunità di crescita, e rendendolo protagonista.
L’alienato (“il tempo-moderno”) – “Non è compito mio.” “Non mi interessa” “Non posso” “Non riesco”
Il non-pensatore è il “bastian contrario” per eccellenza. Risponde ad ogni richiesta iniziano con un “non si può”. L’atteggiamento è tipico di chi è alienato dalla quotidianità e ripetitività del proprio lavoro ed è totalmente incapace di pensare diversamente dalle proprie abitudini. Quando entra in azienda “spegne” il cervello e ripete giornalmente le stesse operazioni, come nel film “Tempi Moderni” di Chaplin in cui l’operatore veniva inglobato dalla ruota. Si vince l’alienato stimolandogli il pensiero, magari utilizzando tecniche di design thinking, facendogli proporre e mettere poi in pratica le sue idee. In questo caso, se l’alienato occupa posizioni di leadership è un ostacolo da rimuovere dall’azienda.
Il rassegnato – “Si, ma…” “…troppo tardi” “…non funzionerà” “..non ci capiranno” “…gli altri faranno meglio”
É una via di mezzo tra il fuggitivo e l’alienato. Non si sente soddisfatto e vive una contraddizione interiore in cui vorrebbe fare qualcosa di nuovo ma non ha il coraggio di provarci. Forse scoraggiato da eventi passati in cui cercava di fare sentire la sua voce e le sue idee venivano regolarmente rimbalzate da muri di gomma. Il rassegnato potrebbe essere un valido alleato e nascondere un creativo in grado di produrre idee innovative, per cui va soprattutto motivato e stimolato.
Lo scaricabarile – “Si, facciamolo! Te ne occupi tu?“
Infine un ultimo “nemico” che si nasconde dietro un finto alleato. Incline a valutare qualsiasi tipo di innovazione e cambiamento a patto che se ne occupi qualcun altro. Di fronte ad ogni proposta si dimostra partecipe ed interessato purché non ne sia coinvolto e non abbia altre cose a cui pensare. Si tratta di un nemico perché se il progetto di innovazione fallisce, non essendone coinvolto direttamente, sa già a chi attribuire la colpa. La sua filosofia di “armiamoci e partite!” è tipica di chi sfugge dalle proprie responsabilità ed è abile sia nell’acquisire meriti in caso di successo e sia nello sfuggire davanti agli insuccessi. Lo scaricabarile, tipicamente un middle-manager, va istruito trasferendogli l’insegnamento che gli errori non sono evitabili e sono indispensabili per completare un processo di cambiamento.
In questo articolo ho trattato in modo semi-serio chi sono i nemici dell’innovazione e come affrontarli. L’ispirazione mi era venuta leggendo l’articolo “Fighting The Enemies of Innovation” di Gustavo Razzetti in cui li analizzava in modo più strutturale.
I nemici dell’innovazione sono quindi gli ostacoli con cui ci dobbiamo confrontare e scontrare per portarli ad un cambiamento di mentalità. Per affrontarli con serenità e successo è quindi opportuno conoscerli a fondo. Per essere efficaci nel processo di cambiamento è quindi necessario approfondire bene, analizzare i dati che abbiamo e pianificare in dettaglio come agire. Ecco la ragione per cui vorrei concludere con lo stesso modo in cui Razzetti apre il suo articolo, con un aforisma tratto da L’arte della guerra di Sun Tzu:
Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia.
If you know the enemy and know yourself, you need not fear the result of a hundred battles. f you know yourself but not the enemy, for every victory gained you will also suffer a defeat. If you know neither the enemy nor yourself, you will succumb in every battle.